La nostra storia

La “Sagra della Campagna – 1 ° maggio ” a Pieve Cesato vide la luce nel 1959. Nacque dalla volontà di un gruppo di persone di fare una festa all’aria aperta per tutti i lavoratori ( non solo quelli “del braccio”), per trascorrere una giornata insieme e permettere anche agli amici di Faenza (o agli ex-parrocchiani, traferitisi fuori da Pieve Cesato) di poter fare una scampagnata e di gustare la gastronomia campagnola (pizza fritta, ottimo vino e gelato artigianale).

Nei primi due anni il programma prevedeva l’inizio pomeridiano nel cortile parrocchiale con l’alzabandiera e il discorso di saluto di un’autorità: il sen. Guglielmo Donati nel 1° anno, Angelo Gallegati (poi sindaco di Faenza)- il 2° anno.   Si passava poi nel campo sportivo dove si poteva partecipare a giochi individuali (corsa nei sacchi, cuccagna, ecc.), infine la corsa coi Somari, montati ….”a pelo”!!    Tutta la Sagra era allietata dalla Banda che, durante l’ammainabandiera, decretava la chiusura della Sagra.

Negli anni successivi (dal `61 al `67) l’introduzione della gimkana con i motori o con i trattori nel campo sportivo, portò anche all’eliminazione della cerimonia dell’alzabandiera.

Alla gimkana faceva seguito una partita di calcio tra la nostra squadra parrocchiale e una formazione di Faenza o di un’altra parrocchia.

Si terminava con la Corsa dei somari, disputata, ora, con il “biroccino”.

La partita di calcio fu sostituita, al termine degli anni `60, con una sfida stracittadina a squadre,  tra rioni della nostra parrocchia.

Dal 1970, anno di nascita della Unione Sportiva, l’organizzazione della Sagra passò pian piano alla U.S. sempre in collaborazione con il gruppo parrocchiale.   Continuò la gimkana con i motori, veri e propri “prototipi” messi  a punto per l’occasione, con la impeccabile “regia” dei soci del locale Moto Club “Amici de Mutor”.

Da quel 1970 per 36 edizioni si  è tienuta una sfida a squadre tra alcune parrocchie della zona, sul tipo di “Giochi senza Frontiere”, con giochi spettacolari e molto divertenti,  che hanno intarttenuto il pubblico nell’attesa spasmodica della “Corsa dei Somari”.

Si sono succedute sul campo di gioco, oltre alla squadra locale del Pieve Cesato, le squadre delle parrocchie di S.Andrea, Basiago, Formellino, Prada, Fossolo, Granarolo, Errano, S.Giacomo di Russi, S.Ruffillo, Cassanigo, S. Barnaba, Pieve Corleto e Maiano.     A tutte queste parrocchie vada un caloroso plauso e ringraziamento per la sportività manifestata, l’impegno e tanta allegria profusa da tutti “gli atleti”.

Intanto si iniziava ad ampliare lo spazio per gli stands gastronomici e le varietà delle cibarie. L’orchestra di liscio sostituisce la banda; oltre alla corsa con i somari si introduce anche la gara con i pony (che precedeva la più “titolata” corsa dei quadrupedi) e tante altre attrazioni. Non stiamo qui ad elencare le orchestre che si sono succedute negli anni sul palco per allietare la Sagra della Campagna: orchestre di Liscio classico e complessi e gruppi musicali con repertori di vario genere.

L’organizzazione della Sagra, fino agli inizi degli anni `80, richiedeva pochi giorni: infatti, solamente un mese prima si iniziava a “parlare del 1 ° maggio”.

Nel 1987 utilizzando l’impianto di illuminazione realizzato nel campo sportivo si tentò per il primo anno di prolungare la festa “oltre” alla classica programmazione pomeridiana del I° maggio, proseguendo anche alla sera.

Venne introdotta per qualche anno una simpatica “LUTAREJA DI SUMER” con premi abbinati alla corsa dei somari: corsa che è ancora il clou della Sagra della Campagna, amata e seguita da molte persone di tutte le età che vengono appositamente alla nostra festa per vedere questa inconsueta attrazione.

E’ impossibile poter elencare di seguito tutti i vincitori o i partecipanti della corsa dei somari o della corsa dei pony dalle origini ad oggi, in quanto nelle prime edizioni non si teneva un vero e proprio Albo d’oro.

Ci preme però ricordare sopra tutti l’artefice e il “promotore” di questa corsa di quadrupedi, il protagonista assoluto e pluri-vincitore: CHECCO ( Francesco Savini ), al quale abbiamo voluto intitolare il Trofeo per il vincitore, dal 1994 ad oggi.

Nel 1988 in occasione della 30a edizione, per pubblicizzare la Sagra viene introdotto l’uso del libretto pubblicitario, che raccoglie oltre al programma, le promozioni e pubblicità di varie ditte sponsorizzatrici.  Un caloroso ringraziamento a tutti coloro che ci hanno sostenuto in questi anni, credendo nella nostra iniziativa.

Durante questa 30a edizione della Sagra della Campagna si è proceduto alla premiazione dei fondatori-ideatori della manifestazione, nelle persone di: Babini Battista, Cattani Mauro, Peroni Antonino, Gallegati Angelo, Renzi Giovanni, Dalle Fabbriche don Tommaso, Poletti don Antonio.

Presenti a questa cerimonia: S.E. mons. Vescovo e il Presidente della Cassa Rurale ed Artigiana di Faenza, cav.Giovanni Dalle Fabbriche.

In occasione di questa edizione viene realizzata (e messa in vendita) una medaglia commemorativa in ceramica opera di Tommaso Peroni. E’ sempre da una idea di Tommaso nasce il logo del 1 ‘ maggio che accompagna le edizioni della Sagra fino al 2005.

Dalla 31a edizione (1989) lo svolgimento della Sagra della Campana assume un aspetto diverso.  Approfittando di due giorni consecutivi festivi (domenica 30 aprile e lunedì 1 maggio) si tenta per la prima volta di sviluppare la festa con un programma di due giornate.   Durante la domenica 30 aprile si svolse la Festa dei Ragazzi, che si concluse la sera con uno spettacolo di Burattini Tradizionali del “Teatro del Drago” di Ravenna.

II programma del 1° maggio restò pressoché invariato con i “Giochi senza confini” tra squadre parrocchiali, esibizione di velivoli ultraleggeri, corsa dei pony e corsa dei somari. Alla sera, in collaborazione con il Moto Club si svolse una moto-concentrazione notturna e uno spettacolo di Sgabanaza con estrazione della TOMBOLA DELLA CAMPAGNA.

Il tentativo dei programmare la festa su più giornate risultò sicuramente positivo, sia per la possibilità di plasmare le spese fisse nell’arco di più giornate, sia per dare la possibilità alle numerose persone intervenute di poter partecipare alla festa anche in giornate diverse dal I” maggio e apprezzare nuove programmazioni di spettacoli.

Nel 1990 (32a edizione) la Sagra si svolge in tre giorni (dom. 29 – lun. 30 aprile e mart. l maggio).

I programmi delle giornate festive e prefestive vicine al 1° maggio si svilupparono su un programma che in linea di massima comprende la Festa dei Ragazzi, con giochi per ragazzi della scuola elementare e media inferiore, a squadre miste sullo stile di “giochi senza frontiere”; la Gara degli Aquiloni; le sfide a Calcetto per bambini o, come per alcuni anni, in collaborazione con l’ANSPI, le finali della fase provinciale del “TORNEO SCARABOCCHIO” di calcio; lo spettacolo di Burattini tradizionali (negli ultimi anni è stato presente tra noi la compagnia ” Le finissime teste di legno” di Stefano Zaccagnini. Oltre alla festa dei Ragazzi vennero poi organizzate altre manifèstazioni e giochi.

Prende vita nel 1990 la “PODISTICA DELLA CAMPAGNA”, corsa non competitiva di km. 9.5 per adulti e km. 2 per bambini, che si disputa nel tardo pomeriggio della vigilia del 1° maggio (30aprile) e, se coincide con la domenica, viene anticipata al sabato 29 aprile.  II percorso comprende strade asfaltate e strade erbose: un vero percorso….di campagna.  All’arrivo si procede a premiare tutti i partecipanti e le società con il maggior numero di iscritti.  Nel 2006, per ricordare una atleta scomparsa della nostra parrocchia, Fatuma Ibrahim Severi, si intitola a lei il trofeo per la gara femminile, da assegnare alla 1° donna classificata.  La gara ha visto ogni anno una continua crescita di iscrizioni, fino a superare il tetto dei 1.000 partecipanti. Dal 2015 la distanza viene portata ai più “canonici” 10 Km.

Nella notte di vigilia del 1° maggio, nasce l’idea del “LOM A MAZ” (canti e scherzi attorno a un grande falò acceso al centro del campo sportivo): era il 1990. Ancora oggi i balli proposti dal “Gruppo di Ricerca Balli Popolari” e dal “Duo Trabadell” sono quelli ballati sulle aie dei contadini dai nostri nonni. Ogni anno assistiamo alla crescita di persone (si sono superate anche le 300 presenze) che vogliono provare questi “semplici-vecchi balli”; l’entusiasmo e la partecipazione, anche da parte di numerosi givani, ci fa capire che tanti preferiscono ancora un “sano” e popolare divertimento.

Nella serata del 1° maggio si alternano invece sul palcoscenico: prestigiatori e cabarettisti, anche di fama nazionale.

Negli anni ’90, e per alcune edizioni, si è svolta una “Tombolissima della campagna”, dove il premio della tombola varia da un viaggio-soggiorno in una capitale europea fino (negli ultimi anni) a un “maiale”.

Come corollario a queste iniziative si organizzano anche tornei del lancio dei ferri di cavallo, prove di TRIAL BIKE o altri giochi popolari a cui possono partecipare tutti gli intervenuti alla festa. Un discorso a parte occorre farlo per i tradizionali “giochi romagnoli” del BARANDELL e di ZACHEGN: il torneo che si disputa da oltre 20 anni è stato inserito (ogni anno) come tappa del Campionato del “Comitato Feste e Sagre”.

La costituzione del Comitato Feste e Sagre (nel 1992), di cui la nostra parrocchia e, di conseguenza la nostra festa, ha fatto parte come “socio fondatore”, ha dato impulso a tante feste e vantaggi non indifferenti, grazie alla gestione comune e all’utilizzo delle attrezzature.   Si innesca così un “movimento” che porta alla nascita di nuove feste paesane, che prendono come esempio l’organizzazione delle feste “decane”, come la Sagra della Campagna.

Uno spazio fisso nella nostra Sagra è da anni “L’angolo dei Bambini”: uno spazio dedicato a giochi, laboratori, truccabimbi, palloncini ecc.   Gli organizzatori tengono molto alla presenza e al divertimento dei bambini e inseriscono sempre nel programma spettacoli per … “bambini di tutte le età (favole, burattini, ecc.)

Non si possono certo scordare le edizioni che presentavano “un tema” nel pomeriggio della domenica e le stupende coreografie realizzate, con ore e ore di lavoro notturno, da giovani e ragazzi della nostra parrocchia, utilizzando ogni tipo di materiale (cassoni, legno, ecc).  Chi non ricorda il mega-labirinto o il castello (con i giochi a tema), il far west o i pirati ?!?

Altre attrazioni vengono proposte durante questi anni di “Sagra della Campana”: piano bar, fachiro-mangiafuoco, cantastorie, e negli ultimi anni spettacoli di giocoleria, di arte circense e di artisti di strada di livello internazionale.     La programmazione degli eventi proprosti durante la Sagra richiede sempre molta attenzione ed è ritenuta di grande importanza dagli organizzatori.   Tutto questo per permettere a tutti, grandi e bambini, anziani e giovani, di trascorrere momenti in sana allegria e di tornare a casa felici di avere trascorso a Pieve Cesato alcune ore divertendosi.

Durante la festa si allestisce poi una Mostra di artisti locali, mentre Tommaso Peroni scolpisce da alcuni anni i busti di personaggi caratteristici che hanno fatto la “storia” della nostra Parrocchia.    Da non dimenticare la magnifica Pesca di beneficenza, e il mercatino di vendita dei manufatti artigianali (organizzato dal “Gruppo della Carità Parrocchiale”), prodotti dalle esperte mani delle ricamatrici e “artiste” locali e le mostre, che si sono succedute in questi anni, grazie alle ricerche di studiosi e volontari della nostra comunità.

Un capitolo a parte meriterebbe la “storia e l’evoluzione” della gastronomia presentata durante la Sagra della Campagna.   Fedeli ai sani “mangiari” di una volta e alla primordiale presentazione di un “menù da passeggio”, si continuano oggi a proporre pietanze tipiche come la pizza fritta, le piadine, i gelati, ecc.     Negli anni si è poi continuato a prestare attenzione alle richieste dei partecipanti alle feste e preparare pietanze (come le paste, o i secondi di carne, le verdure o i dolci) restando però sempre fedeli alle ricette tramandate da madre a figlia, nelle nostre campagne.

Così il menù proposto oggi è il frutto di una evoluzione che vuole mantenere viva la tradizione della gastronomia romagnola.

Le braciole e la salsiccia, preparate nei giorni precedenti la festa, e cotte sulle graticole, poste sopra ad alcune lamiere, sistemate in terra e rese calde dalle rosse braci; il vino buono e profumato appena spillato dalle damigiane; la pizza fritta nel grande padellone… una “ vera poesia”degli anni passati.

Oggi occorre adeguarsi con le attrezzature più idonee e sicure, per poter accontentare tanti amici e tanti partecipanti alle nostre feste.

Dopo oltre 50 anni di storia è doveroso fermarsi e riflettere sulle cose fatte “bene” o anche su quelle “sbagliate”.  Correggere gli errori e trovare sempre il “punto di equilibrio” tra le varie proposte, ritenere tutti i volontari che prestano tempo e sacrifici per la festa importanti “allo stesso livello”, siano essi uomini o donne, anziani o bambini, sono i punti di forza di una Sagra che ha tagliato il traguardo dei 50 anni, ma che subito lo ha trasformato in un punto di partenza per altre splendide future edizioni.

Organizzare una festa su più giorni con attrazioni e stand gastronomici significa iniziare molti mesi prima per stilare il programma e organizzare il lavoro.

Ma dopo mesi di lavoro e tanto tempo dedicato a questa manifestazione, resta la soddisfazione di aver realizzato qualcosa di veramente “unico”: un lavoro che unisce per mesi tanti volontari e che alla fine vede il risultato dei propri sacrifici concretamente investito nelle attività, nello sport e nelle strutture per bambini, giovani e per tutta la comunità.

Un plauso va rivolto a tutti quanti collaborano per la realizzazione di questa festa parrocchiale (oltre 200 volontari): alle DONNE, splendide “artiste della minestra” (da ricordare le  tante serate di preparazione delle minestre) e instancabili cuoche nei giorni della festa, agli UOMINI, incredibili lavoratori sia nell’allestimento delle strutture che in cucina; ai BAMBINI, magnifici  continuatori di questa idea di festa.

Pieve Cesato

La località di Pieve Cesato, frazione del comune di Faenza, sorge a circa otto chilometri a settentrione della città, sulla sinistra del fiume Lamone e sulla direttrice “Via Faentina” (SS 253) che da Faenza porta a Ravenna.

Cenni storici .

La Pieve di Cesato è quella che nel territorio di Faenza può vantare la più antica documentazione: è ricordata esistente nell’anno 755.  E’ il Mittarelli, celebre storico di Faenza, che ci attesta (nella sua opera Rerum Faventiarum Scriptores) che nell’Archivio Arcivescovile di Ravenna è ricordata nell’anno 755, in territorio faentino, la pieve di S.Giovanni in Aczigata.     La parola Aczigata, secondo il Mittarelli, esprimeva la Pieve che oggi si dice di Ceasto.   Difatti, gli antichi documenti medioevali per esprimere Cesato usano varie espressioni come Acxigata, Ansiata, Asiata, Aziata, Sezata, Seggiata, Cesata.       Nessuna Pieve del territorio faentino  risale con la documentazione a così alta antichità.

Non appena il Cristianesimo fece sentire i suoi primi influssi anche nella nostra regione, dopo il IV secolo, mentre nelle città sorgevano le chiese e le basiliche, nelle campagne e nei villaggi più popolati sorsero le cosidette Pievi (dal latino “Plebs”).    Ben presto il termine non indicò solo la comunità di fedeli, ma divenne sinonimo di chiesa.   La caratteristica della Pieve di S.Giovanni Battista di Cesato era quella di possedere il Fonte Battesimale, privilegio riservato in quel tempo solo alle basiliche nelle città.               Un’altra caratteristica della Pieve è la sua qualità architettonica, risalente alle

Basiliche paleocristiane ravennate (stile protoromanico ravennate), con alcune singolarità.  La forma generale corrisponde a quella delle pievi generiche che si possono incontrare nel territorio ravennate-romagnolo.  La novità appare comunque nei fianchi dove, invece delle arcatelle pensili appaiate, ricorrono le ampie arcate che già si volgevano nelle finestre delle basiliche del V e VI secolo.

Purtroppo la chiesa subì radicali restauri dal XVII secolo in poi, allorquando, ridotta a una sola nave, ebbe altresì cambiata la posizione dell’abside con quella della fronte.

 

“Il Castello chiamato “la Castellina”.

A mezzo miglio dalla Pieve nel XIII secolo sorgeva un piccolo castello, proprietà della casata dei Manfredi, chiamato “la Castellina”. L’edificio pur rimaneggiato nei secoli e specialmente in epoca barocca è giunto sino a noi.

Il castello costituiva un prezioso punto di osservazione sulla zona e in particolare per il guado sul Lamone (in prossimità dell’attuale ponte della Castellina) attraverso il quale i Ravennati effettuavano rapide incursioni nel territorio faentino.     Il luogo è tristemente famoso per il delitto consumato il 2 maggio 1285.    Protagonisti furono alcuni membri della casata dei Manfredi, famiglia del partito guelfo (in lotta contro altre famiglie faentine, per es. gli Accarisi, di parte ghibellina).

I personaggi: tre cugini: Frate Alberico, detto Buzzola,  e suo figlio Ugolino, Manfedo, pure frate dell’ordine terziario francescano, e suo figlio Alberghetto, Francesco, non ancora maggiorenne e pupillo di Alberico.          Lotta feroce tra questi tre cugini rappresentanti della casata Manfredi, aspirante alla signoria di Faenza.

Le cronache narrano che durante un acceso diverbio tra frate Alberico e suo cugino frate Manfredo, con il figlio Alberghetto, il giovane Alberghetto fuori di sé colpì con uno schiaffo Alberico.          Frate Alberico, frate Godente, era un uomo rissoso e non poteva certo perdonare un così grave affronto: decise perciò di vendicarsi.    Indotto a ragionare sull’accaduto, Alberico si mostrò  propenso a perdonare il grave (per quel tempo) affronto.   Apparentemente i due cugini si riconciliarono e per celebrare il rito di tale pace Alberico invitò Manfredo e suo figlio Alberghetto ad un pranzo fissato il 2 maggio 1285 presso la “Castellina” a Pieve Cesato.       Frate Alberico preparò il suo tremendo piano di vendetta con minuziosa cura: al termine del pranzo, alla frase “Vengano le frutta”, i sicari assoldati si scagliarono sui due invitati e li uccisero entrambi pugnalandoli ripetutamente.

La notizia del massacro della Castellina a Pieve Cesato provocò un enorme sgomento non solo a Faenza, ma in tutta a Romagna.       La pena che venne decretata dal conte di Romagna, Durante, a scapito dei tre assassini organizzatori del delitto (Alberico, Ugolino e Francesco) fu la massima punizione che esso, da lui vista la sua carica potè infliggere: il bando dalla patria e sei mila lire bolognesi.

Dante nella Divina Commedia ricorda il misfatto della Castellina nel XXXIII canto dell’Inferno:

………     ” I’ son frate Alberigo”

Io son quel delle frutta del malorto

che qui riprendo dattero per figo”

e pone il frate Alberico tra i traditori della peggior specie.